E' stato un accademico, scienziato e pioniere dell’aviazione vicentino. Sin dal 1864 si propose di approfondire "di viaggiare per l'aria come l'aquila e il condor" . Attorno al 1888-89, si propose di studiare a fondo il problema del volo, incominciando ad esaminare i tentativi compiuti sino allora col dirigibile più leggero azionato da un congegno propulsivo. Tutti i dirigibili che erano stati sperimentati fino ad allora avevano volato in un’atmosfera calma o col favore del vento, nessuno era riuscito a descrivere una curva chiusa e ritornare al punto di partenza. Nel 1904 fu costruita l’areonave escogitata dal Conte Almerico, con le innovazioni da lui escogitate, grazie ai finanziamenti di una società costituita appositamente e ottenendo l’ involucro dalla Brigata Specialisti del Genio, a carico di questa. Il 17 giugno 1905 ci fu il primo volo : "Il dirigibile usciva dalla rimessa, con il tricolore a poppavia; nella navicella prendevano posto il Conte da Schio, il tenente Ettore Cianetti inviato da Roma dal Comando della Brigata Specialisti e il meccanico Bottazzi. Fatta filare la fune d'ancoraggio e lasciata cadere dalla navicella un pò di zavorra, l'aeronave s'innalzava pian piano fino a 200 metri; intanto Bottazzi aveva avviato il motore e ingranato l'elica. Finalmente il dirigibile avanzava nell'aria e per circa un'ora compiva attorno all'aeroscalo e in direzione di Schio, larghe ma sicure evoluzioni. Anche la manovra di discesa e di atterraggio riusciva in modo impeccabile. Entusiasta e commosso, il conte Almerico da Schio scendeva al suolo calorosamente festeggiato dalla piccola folla presente". Era presente all’evento anche la regina Margherita. Con il suo dirgibile ‘ITALIA’, modello di tecnica, il Conte da Schio fu lo starter del dirigibilismo italiano. Il “Dirigibile Italia” compì altri voli il 21, 23, 25 e 27 giugno. Tuttavia, mentre il Regno d’Italia, grazie ai voli del dirigibile del Conte, entrava a far parte della nazioni più progredite del settore, il governo e lo stesso Ministero della Guerra non fecero alcun passo concreto per appoggiare il progetto. Solo la regina Margherita, che aveva già sovvenzionato il lavoro del Conte, continuò a dare il suo appoggio con entusiasmo. Complessivamente il “Dirigibile Italia” effettuò sei voli completi; in altri tre fu costretto al rientro in hangar trainato da alcuni cavalli. Alla fine ci si dovette arrendere all’evidenza che il motore era ancora scarsamente affidabile. Ben cosciente che questa carenza di potenza limitava le possibilità operative del dirigibile, Almerico da Schio trascorse molto del suo tempo nella vana ricerca di un nuovo motore, sia in Italia che all’estero. Dopo numerosi tentativi, il Conte si ritirò nella sua ricchissima biblioteca. Morì nella sua dimora di Vicenza, detta Ca’ d’Oro, nel novembre del 1930.
Il Conte Patriota
Almerico da Schio si distinse in molte occasioni nella lotta contro l'Impero austroungarico che occupava il Veneto e gli altri territori della Repubblica di Venezia dal trattato di Campoformio della fine del Settecento e il cui dominio, a parte il breve periodo napoleonico, sarebbe durato fino alla seconda guerra di indipendenza del 1866. Quando nel 1930 al Reale istituto veneto di scienze, lettere e arti venne commemorata la figura di Almerico da Schio, il relatore trattò anche della sua fervente passione patriottica parlando delle sue imprese contro gli oppressori austriaci nel periodo in cui era studente a Padova. Tra queste, quella in cui sabotò le comunicazioni telegrafiche tra l'Austria e Venezia per due volte (la seconda perché non era certo di aver conseguito lo scopo al primo tentativo): «...Non avendo avuto sentore degli effetti del proprio atto di sabotaggio telegrafico, decise di ripetere il tentativo, ma procedendo con un metodo più sicuro e sbrigativo. Uscito da Porta Codalunga insieme al collega d'ufficio, certo Baseggio, che doveva fare da palo durante la temeraria impresa, si diresse verso la ferrovia ed arrampicatosi su di un alto palo telegrafico ne tagliò di netto tutti i fili e poi scese a precipizio e non avendo più trovato il Baseggio, si diede ad una fuga pazza verso la città smarrendo nella corsa il cappello, che per poco non fu la causa del suo arresto. Lo sdegno tra le autorità militari e politiche fu immenso per questo secondo attentato; si ordinarono ricerche scrupolose, si diramarono ordini severissimi per cogliere i furfanti che erano "exemplarich zu bestrafen", da punire in maniera esemplare. Ma la polizia non venne a capo di nulla e mai più essa avrebbe potuto immaginare che proprio un magistrato di quel tribunale, che doveva giudicare i rei di tanto misfatto, era l'autore di quel crimine esecrando! Questo suo alto spirito patriottico Egli conservò gagliardo per tutta la vita...»
BIBLIOGRAFIA – Archivio Comune di Schio, Wikipedia
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